Cronaca di un’evento che ha lasciato il segno.
Più o meno un anno fa raccontavo della maratona di Londra e di come una manifestazione sportiva potesse regalare tante emozione ed eccomi a scoprire che ce ne sono ancora tante e a sto punto tante ce ne saranno.
La settimana prima è un limbo sospeso tra previsioni meteo, muta da recuperare, paura di affogare e auto scopa da gestire fino a quando all’improvviso arriva domenica mattina.
Sono così in sbattimento che alle 7 son già in macchina, carico la bici e via tutta d’un fiato, tanto che recupero i miei compagni d’avventura e arriviamo giusto giusto per montare il gazebo. C’è da dire che nonostante la giornata sia molto lunga il tempo passa senza annoiarsi e non mi pento di essere partito all’alba: asciugo come non mai i ragazzi del Triathlon Team Brianza per farmi spiegare ogni minimo particolare della gestione della gara; imparo a infilarmi e soprattutto togliermi la muta, un giretto di ricognizione sul percorso della bici.
Ora due cose fondamentali: primo la zona cambio. Avete idea di quanto tempo ho passato davanti alla rastrelliera per capire se avevo lasciato tutto quello che mi sarebbe servito? Che poi non son altro che scarpe e casco…ma gli occhiali? E una salviettina? Il gettone per il phon?
Secondo: chissà come sarà l’acuqua: il meteo e la leggera pioggerella invitano proprio a fare un tuffo in mare. Mi infilo definitivamente la muta e mi butto in acqua per capire di che morte dovrò morire…
Ok fin qui tutto bene…il resto è stato una botta di adrenalina che non vi potete immaginare: tanto dilazionato il tempo della preparazione quanto un flash la gara. La mia ora e venticinque passa in un lampo.
Un botto e sono in acqua: la foga e il freddo mi fan respirare ad ogni bracciata. Ricevo diverse mazzate (ah ma quante ne ho date anche io!!!) e ogni volta che tiro fuori la testa vedo come in un filmato altri come me…sono nella pancia della batterla nonostante abbia tentato di partire defilato e col chiaro intento di arrivare in fondo senza annegare. Supero la prima boa dopo aver visto un tipo che nuotava a rana, credo di aver camminato su altri partecipanti. Verso la seconda boa prendo consapevolezza che non sta andando tanto male e superata la seconda boa mi metto anche a seguire gli insegnamenti del corso di nuoto senza accorgermi che sto virando un po’ troppo verso il confine francese!!!
Appena comincio a toccare faccio il superuomo: comincio a levarmi la muta ma non ho fatto i conti con le gambe decisamente di legno e tipo pinocchio supero il bagnasciuga verso la zona cambio. Trovo la bici (non era detto) e superato un attimo di panico infilo casco, scarpe e pettorale e corro come un pirla (correte voi con i tacchetti) verso l’uscita (ho scoperto che solo gli atleti veri lasciano le scarpe attaccate alla bici).
Piove e son in gruppo: il percorso prevede un’andata in leggera salita e un ritorno in parte in discesa, uno strappetto, ancora discesa e arrivo. Mi prende un po’ la paura, loro tirano e ho un po’ paura di cadere così mi defilo un po’. Soffro l’essere rimasto solo con un paio di altri scappati di casa ma in discesa provo un po’ a riprendere il passo.
Finalmente smette di piovere e mi faccio l’ultima frazione all’asciutto: due giri da 2Km e mezzo.
Sto bene, non so quanto ci sto impiegando e non ho nessun tipo di riferimento. Arrivo con grandi battute di 5 degli “anziani del gruppo”
Realizzo che è stata un figata incredibile in più sembra siano passati 5 minuti, al massimo 7 dalla partenza .
Il ritorno è tutto un telefonare e smessaggiare.
Scopro a sera quanto sia andata bene (ovviamente secondo i miei canoni)
Ciclisti Porticina siete avvisati: c’è da migliorare decisamente la bici!! E avete tempo fino al 25 giugno, data ultima di rinuncia al Garmin Trio Sirmione; sì perché mi l’esperienza mi ha messo di fronte alla consapevolezza che raddoppiare la distanza non è banale: quasi come passare dalla mezza alla maratona!!!
Felice e ancora galvanizzato quel che verrà verrà!!